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Per Aspera Ad Veritatem n.15
Principi di legittimità e legalità nell'attività degli Organismi di intelligence anche con riferimento alle norme di diritto penale e processuale penale. (Le garanzie funzionali)

Giovanni Maria FLICK




1. Un recente caso di conflitto di attribuzione fra il Presidente del Consiglio dei Ministri e l'Autorità giudiziaria di Bologna - in tema di opposizione del segreto di Stato nel corso di un procedimento penale per un'operazione di intelligence contro-terrorismo - propone in modo concreto ed emblematico il problema della necessità, possibilità ed opportunità di riconoscere o meno certe garanzie funzionali agli operatori degli Organismi di intelligence e quello della sua interferenza con il problema del segreto.
Non intendo occuparmi del merito di quella vicenda che si è sviluppata attraverso la proposizione reiterata del conflitto di attribuzione dinanzi alla Corte Costituzionale (per ben tre volte) e la contestuale proposizione di un'eccezione di costituzionalità di alcune norme sul segreto di Stato; e che è tuttora in corso - poiché in essa ho avuto occasione di intervenire istituzionalmente, nella mia veste di Ministro della Giustizia del precedente Governo. D'altronde di essa si occuperà specificamente, nel prosieguo dei lavori del seminario, l'avvocato dello Stato che la ha specificamente seguita.
A me interessa il richiamo di quella vicenda soltanto per sottolineare il contributo significativo ed attuale che essa (qualunque possa esserne la soluzione da parte della Corte Costituzionale) offre al dibattito - recentemente maturato; ma oggi in pieno svolgimento sul piano politico e su quello dottrinale - sulla necessità o meno, sulla possibilità, sull'eventuale modo di disciplinare in modo efficace l'istituto della c.d. garanzia funzionale per gli operatori dei Servizi di sicurezza, nell'ambito della loro attività di intelligence, rispetto alla possibilità di violazioni della legge penale per il concreto esercizio di tale attività.
In assenza, allo stato, di qualsiasi previsione normativa esplicita della garanzia funzionale, la vicenda del conflitto di attribuzione cui ho fatto cenno, dimostra il tentativo e la difficoltà di risolvere implicitamente il problema della garanzia funzionale per via indiretta, attraverso il ricorso alla connessa e diversa garanzia procedimentale relativa al segreto di Stato nei rapporti con l'Autorità giudiziaria. E, sin d'ora, sottolineo la perplessità metodologica, prima ancora che di contenuto, ad affrontare sul piano esclusivamente procedimentale (afferente alla possibilità di conoscenza del giudice) un problema che è invece prima ancora sostanziale e di contenuti; e che, come tale, merita una soluzione fondata anch'essa su di una valutazione di ordine contenutistico, anziché sull'improcedibilità per impossibilità di conoscenza.

2. Rinvio all'ampio ed esaustivo documento introduttivo ed illustrativo delle tematiche del seminario, per il richiamo approfondito del quadro generale in cui si collocano quelle specifiche, che verranno all'esame della mia relazione.
In questa sede, a premessa, mi è sufficiente ricordare - come è ben noto ed emerso: sia nell'esperienza operativa; sia nei dibattiti sul tema; sia da ultimo nella vicenda bolognese - il problema centrale e sotteso a quello delle garanzie funzionali: la possibilità cioè che nell'attività di intelligence e per l'acquisizione delle informazioni necessarie a tal fine, l'operatore si trovi - direttamente o per interposta persona - nella necessità di violare la legge penale, soprattutto per quanto concerne la tutela della privacy in senso ampio (sotto il profilo della telecomunicazione, della comunicazione fra presenti, della riservatezza ambientale e della documentazione). La possibilità che si verifichi una simile necessità è strettamente connessa all'altra esigenza tipica della intelligence, e cioè quella della segretezza.
E, a sottolineare l'importanza del tema, è appena il caso di ricordare come, nell'ambito del dibattito sui Servizi di sicurezza, il profilo della loro operatività - attraverso l'intelligence ed attraverso l'utilizzazione dei risultati di quest'ultima - va di pari passo con i profili dell'organizzazione, della responsabilità e del controllo, rivestendo la medesima importanza di essi.
Per entrambi gli aspetti dell'intelligence (la possibilità di dover violare la legge penale nello svolgimento dell'attività, per assicurarne l'efficacia e la segretezza; la segretezza in sé) si pone poi - in modo peculiare per il nostro ordinamento, in relazione alla sue caratteristiche - il tema del rapporto con l'Autorità giudiziaria. E' sufficiente richiamare, in proposito, i principi costituzionali che sanciscono: la soggezione del giudice soltanto alla legge; il divieto di istituire giudici straordinari o speciali; la obbligatorietà dell'azione penale; l'esigenza del contraddittorio e il diritto di difesa. Né va trascurata la costituzionalizzazione del c.d. "giusto processo", sopravvenuta recentemente, che è destinata ad accentuare alcuni di quei profili.
Sono tutti principi che - con i loro corollari (penso ad esempio alla pubblicità del dibattimento e degli atti, sia pur con le deroghe previste anche in tema di sicurezza nazionale) - condizionano giustamente e incisivamente sia il tema del segreto, sia quello delle garanzie funzionali, oggi all'esame.
Infine, sul piano concreto e dell'esperienza meno recente, non va dimenticato il clima ricorrente di sfiducia verso il segreto e verso le c.d. deviazioni sia nell'utilizzo di esso, sia nell'espletamento e nell'utilizzo dell'attività di intelligence e dei risultati di quest'ultima; clima cui fa riscontro, per altro verso, la censura all'inefficienza dell'attività di intelligence.
In questo contesto, il tema delle garanzie funzionali è oggetto di un dibattito recente, ma già assai sviluppato: sia attraverso contributi della dottrina; sia soprattutto attraverso progetti e iniziative di riforma, tanto in sede parlamentare che di iniziativa governativa.
E' certamente e largamente positivo il fatto che questo tema sia stato finalmente posto chiaramente all'attenzione, in un momento che vede particolarmente aperta la discussione sull'efficienza e sulla riforma dei Servizi di sicurezza.
Per un verso il problema della sicurezza interna e di quella esterna sta diventando centrale e cruciale, di fronte a nuove minacce ad essa che agiscono sui due fronti in sinergia.
Nell'ambito dell'Unione Europea è sufficiente citare l'obiettivo dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia, che viene posto in via prioritaria dal Trattato di Amsterdam, come coefficiente essenziale della cittadinanza europea e dell'attuazione dei diritti fondamentali; nonché l'obiettivo, connesso, della sicurezza esterna. Ciò richiede fra l'altro - in questo settore - coordinamento ed omogeneità di interventi, collaborazione sempre più stretta, tendenziale uniformità di disciplina, fra i vari Servizi dei paesi membri dell'Unione.
Per un altro verso - proprio perché nel nostro paese si è avviato un dibattito sulla riforma dei Servizi, che è mirato a raggiungere il massimo di legalità, di efficienza e di responsabilizzazione - nella revisione della legge del 1977 attualmente vigente e priva di qualsiasi riferimento al tema delle garanzie funzionali, è giusto che il tema venga posto con il massimo di chiarezza: per consentire il più ampio dibattito e l'assunzione delle responsabilità e scelte politiche essenziali in un progetto di riforma globale, come quello che si va discutendo.

3. Il problema delle garanzie funzionali - come dianzi accennavo - si pone contestualmente ma in modo concettualmente distinto, anche se connesso, con quello del segreto, nel momento in cui un progetto di intelligence, che sia finalizzato ad esigenze di sicurezza dello Stato, possa dover richiedere per la propria attuazione dei comportamenti di violazione della privacy od altri strumentali e connessi. Quei comportamenti, peraltro, possono di per sé essere riconducibili a violazioni della legge penale ed a una lesione di beni individuali, la maggior parte dei quali oltretutto godono di una protezione costituzionale rafforzata (la riserva di giurisdizione in materia di domicilio, di corrispondenza e di comunicazione).
In astratto, si tratta di decidere fra varie alternative, la prima delle quali può essere quella di "negare" il problema, ritenendo che l'attività di intelligence dei Servizi debba sempre e comunque essere vincolata all'osservanza e al rispetto scrupolosi della normativa ordinaria a tutela della privacy, ed in particolare al rispetto delle prescrizioni in tema di intervento della Autorità giudiziaria. E' agevole rilevare però che una simile alternativa è essenzialmente teorica e si risolve nel rappresentare la fine in concreto dell'attività di intelligence; a meno di ipotizzare meccanismi particolari di interventi preventivi dell'Autorità giudiziaria, che sembrano peraltro confliggere sia con le caratteristiche costituzionali di quest'ultima (dianzi richiamate: par. 2), sia con quelle che - alla luce delle indicazioni della Corte Costituzionale (infra: par. 4) - sono proprie della sicurezza dello Stato, come valore costituzionale primario.
La seconda alternativa è quella di ipotizzare invece che l'attività di intelligence possa giustificare la violazione di quelle norme e la compromissione di quei valori, cui dianzi facevo cenno, secondo un giudizio di prevalenza o quanto meno di equivalenza di interessi costituzionalmente significativi. In questo secondo caso, si tratta di individuare, in primo luogo, con precisione quegli interessi. Si tratta poi di verificare, con estrema attenzione, quali procedure di autorizzazione e controllo, e da parte di chi, debbano essere poste in essere. Si tratta, ancora di individuare quali valori possano essere compromessi e quali invece no (o con l'indicazione positiva dei primi, o meglio con l'indicazione per esclusione di secondi), nello svolgimento dell'attività di intelligence. Si tratta, infine, di puntualizzare con altrettanto rigore le condizioni di indispensabilità e proporzionalità per simili comportamenti. E ciò al fine di assicurare la legittimità dell'azione di intelligence, la sua coerenza con i fini istituzionali di essa, l'impossibilità o quanto meno la repressione severa di deviazioni, il controllo.

4. Nel silenzio della Costituzione sul punto (se si eccettua un riferimento dell'art. 126 alla sicurezza nazionale, come possibile causa di scioglimento del Consiglio regionale; a differenza invece dell'esplicita previsione costituzionale a tutela della privacy in senso lato), il primo passo da compiere è quello di verificare se nella Costituzione stessa siano comunque rinvenibili delle indicazioni univoche a favore della possibilità di compromissione degli interessi di privacy, in vista dell'esigenza di sicurezza dello Stato.
Soltanto a quelle indicazioni, se rinvenibili, potranno agganciarsi soluzioni normative eventuali.
Il punto di partenza è certamente rappresentato dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 86/1977 in tema di segreto: sentenza che riprende alcune indicazioni già proposte con la sentenza n. 82/1976 ulteriormente sviluppandole, e che trova conferma nel richiamo esplicito di essa da parte della stessa Corte Costituzionale, in occasione della risoluzione del conflitto di attribuzione cui ho fatto cenno all'inizio.
La Corte muove dall'interesse dello Stato-comunità alla propria integrità territoriale, alla propria indipendenza e al limite alla sua sopravvivenza, come "interesse costituzionale superiore". A ciò essa ricollega la sicurezza nazionale unitamente alla difesa della Patria, per fondarsi su altre norme costituzionali ed evincerne i principi della indipendenza nazionale, della unità e indivisibilità dello Stato, della forma democratica.
Ad avviso della Corte, questi interessi istituzionali, afferenti allo Stato-comunità, sono "supremi e imprescindibili": come tali essi legittimano il segreto come strumento di sicurezza, in ragionevole rapporto di mezzo a fine. L'attuazione di essi è compito istituzionale per i supremi Organi dello Stato, cui spetta di salvaguardare l'esistenza, l'integrità, la essenza democratica dello Stato. La Corte è ancora più chiara, quando aggiunge che i problemi attinenti alla sicurezza nazionale sono al vertice della attività di carattere pubblico e sovrastano e condizionano tutte le altre; e che la sicurezza dello Stato costituisce "interesse essenziale, insopprimibile della collettività, con palese carattere di assoluta preminenza su ogni altro in quanto tocca la esistenza stessa dello Stato, un aspetto del quale è la giurisdizione".
Infine, quanto ai rapporti con l'Autorità giudiziaria nella materia del segreto, la Corte ribadisce che il giudizio sui mezzi idonei e necessari a garantire la sicurezza dello Stato ha natura squisitamente politica e non è consono all'attività del giudice; ferma restando la non configurabilità di poteri incontrollati e incontrollabili ed irresponsabili, nonché la responsabilità generale e istituzionale del Governo in sede parlamentare.

5. La via tracciata dalla Corte per il segreto e per la sua legittimità costituzionale - nel delineare i rapporti fra potere politico e Autorità giudiziaria, dopo aver definito il valore primario dell'interesse costituzionale dalla sicurezza nazionale - può certamente essere seguita, per la sua autorevolezza, chiarezza e univocità, nell'affrontare il problema connesso ma distinto dalle garanzie funzionali.
Sino ad ora, quest'ultimo problema è stato affrontato (cfr. l'art. 15 della legge n. 801/77) solo in maniera indiretta, attraverso il vincolo procedimentale e di inconoscibilità del segreto di Stato, da parte dell'Autorità giudiziaria, quando esso sia stato legittimamente opposto dal potere politico: con la conseguente improcedibilità dell'azione penale, se la conoscenza di quanto coperto dal segreto sia essenziale.
In parole semplici, l'Autorità giudiziaria non può procedere perché non può conoscere: a meno che aliunde, al di fuori della copertura del segreto di Stato, essa possa acquisire elementi di prova sulla notitia criminis, che si concretizza nell'avvenuta violazione di norme penali nell'esercizio dell'attività di intelligence; e ciò proprio per la mancata previsione di garanzie funzionali che si risolvano in immunità sostanziale, quante volte la segretezza dell'attività di intelligence richieda come indispensabile la violazione di quelle norme.
La vicenda di Bologna e la sequela di conflitti di attribuzione cui essa ha dato luogo, sembra peraltro confermare l'insufficienza di un simile iter anche in concreto: e ciò a prescindere dal fondato dubbio che sia possibile e giusto - in una materia che richiede estrema chiarezza - risolvere per via procedimentale un problema di ordine sostanziale.
D'altronde la sequenza che la Corte Costituzionale delinea a proposito del segreto, offre una traccia molto significativa per percorrere la medesima sequenza nell'elaborazione di una esimente o causa di giustificazione, che consenta di attuare la garanzia funzionale. E' sufficiente ricordare quella sequenza: priorità dell'ordinamento democratico e della sua difesa; obiettivo della sicurezza nazionale a tal fine; primarietà di questo obiettivo e dei relativi compiti rispetto agli altri dello Stato; discrezionalità politica, responsabilità e controllo nell'attuazione, demandati ai vertici dello Stato; controllo parlamentare; legittimità costituzionale dello sbarramento alla conoscenza dell'Autorità giudiziaria e conseguente improcedibilità.
Da tale sequenza scaturisce la possibilità - con i limiti di cui appresso dirò - di disciplinare il conflitto fra interessi costituzionalmente significativi, non solo (come ora) quando esso si ponga tra l'attività di intelligence e la possibilità di conoscenza dell'Autorità giudiziaria; ma altresì quando, sul piano sostanziale, quel conflitto si ponga tra il modo di esercitare l'attività di intelligence per garantirsi il segreto e quegli altri interessi costituzionalmente significativi.
Una conferma ulteriore di ciò, nell'ottica di globalità del problema cui facevo cenno dianzi, si può rinvenire nelle limitazioni ai diritti fondamentali che sono ipotizzabili per le esigenze della sicurezza nazionale, sia nel patto internazionale sui diritti civili e politici dell'ONU del 1976, sia prima ancora nella Convenzione europea dei diritti umani del 1950.
Proprio l'art. 8 della Convenzione europea, che garantisce il rispetto alla vita privata e familiare, al domicilio e alla corrispondenza, pone come prioritaria fra le ingerenze su di essi garantite dalla riserva di legge, la sicurezza nazionale in una società democratica. Ed un tale richiamo appare significativo sotto un duplice profilo: il fatto che i diritti fondamentali come previsti dalle Costituzioni nazionali e dalla Convenzione, costituiscono principi generali dell'ordinamento dell'Unione Europea; il fatto che quest'ultimo si propone, come noto, l'obiettivo prioritario della realizzazione di uno spazio europeo di libertà, sicurezza e giustizia.

6. Il primo profilo da esaminare, nell'intento di delineare una garanzia funzionale nei termini dianzi descritti, è quello della sua riconducibilità alla struttura della causa di giustificazione o esimente: e ciò, ovviamente, prima di affrontare sia il tema dell'individuazione della fonte (Parlamento, vertice del Governo od Autorità giudiziaria) alla cui valutazione collegare la configurabilità di tale esimente; sia il tema del suo concreto contenuto e delle sue modalità oggettive di articolazione ed applicazione. La scelta della causa di giustificazione - anziché di quella di non punibilità per difetto dell'elemento soggettivo (che pure, nel passato, è stata talvolta seguita dalla giurisprudenza di merito nei termini di una assoluzione per mancanza di dolo; ma che anche di per sé non è risolutiva, perché in realtà è difficile escludere la consapevolezza e quindi il dolo nel comportamento dell'operatore) - è coerente con le linee generali del nostro sistema penale.
L'esimente (generale o speciale) esprime le situazioni in presenza delle quali un'azione, altrimenti punibile, è lecita perché consentita o imposta da una norma. Il relativo giudizio dev'essere formulato alla stregua dell'intero ordinamento nella sua globalità; talché al fatto assistito dalla causa di giustificazione non è ricollegabile alcuna sanzione, non soltanto penale, ma neppure extrapenale.
L'ordinamento non può infatti essere in contraddizione con se stesso, vietando e consentendo ad un tempo lo stesso fatto: si tratta di operare una comparazione di equivalenza o addirittura di prevalenza fra i beni e gli interessi rispettivamente sottesi alla norma che vieta e a quella che consente tale comportamento, secondo una logica di bilanciamento dei beni ed interessi suddetti, che esclude l'antigiuridicità di un comportamento in sé tipico (cioè corrispondente ad una fattispecie di reato).
Mentre è preclusa la possibilità di dedurre una causa di giustificazione da fatti o principi extrapositivi, la dottrina in prevalenza ritiene che possano aversi cause di giustificazione "non codificate" (oltre a quelle specificatamente previste dal codice penale o da leggi speciali), che in generale vengono ricondotte al procedimento di interpretazione analogica. In una materia come quella in discussione, peraltro, poiché gli interessi di privacy in gioco hanno un particolare rilievo - tale da meritare una esplicita menzione costituzionale - ben appare giustificato e consigliabile il rigoroso rispetto del principio di legalità e tassatività.

7. V'è certamente una indicazione logica e di esperienza, secondo cui l'attività di intelligence, attraverso l'acquisizione di informazioni in termini di segretezza, può rendere indispensabile - per l'assenza di altre vie e possibilità - il ricorso a delle forme di intercettazione di telecomunicazioni o ambientale e l'esame di documentazione, attraverso comportamenti che si risolvono in una violazione delle norme anche penali a tutela della privacy e della proprietà. A fronte di ciò si collocano e possono venire in considerazione dunque le indicazioni ed i principi costituzionali sulla sicurezza, tratti direttamente e immediatamente dall'interpretazione della Costituzione, nei termini dianzi richiamati (supra, par. 4), che sono stati proposti dalla Corte Costituzionale per il segreto; ma che hanno reciproca valenza per l'attività di intelligence finalizzata alla sicurezza dello Stato.
In parole semplici, fra segreto e intelligence v'è una correlazione inscindibile: il segreto presuppone ovviamente l'intervenuta acquisizione di notizie; quest'ultima non può che essere attuata nel rispetto del segreto.
Sembra dunque agevole la possibilità - seguita dal disegno di legge governativo sulla riforma dei Servizi e già delineata dalla Commissione insediata a tale scopo dal precedente governo - di costruire la garanzia funzionale, prevedendo una causa di giustificazione speciale che segua l'iter di riconoscimento e di priorità degli interessi costituzionali attinenti alla sicurezza dello Stato.
La sicurezza è un interesse essenziale e preminente dello Stato. Quest'ultimo ha un compito istituzionale di individuare atti, fatti e notizie necessari per la salvaguardia della sicurezza, in vista dell'unità e indivisibilità dello Stato e della salvaguardia dell'ordinamento democratico, purché vi sia uno stretto rapporto di indispensabilità e ragionevolezza fra mezzo e fine; e purché vi sia una proporzionalità (quanto meno di equivalenza, se non di prevalenza) fra gli interessi in conflitto: la privacy da un lato; la sicurezza dello Stato dall'altro lato.
Proprio per questo, l'accento non può cadere sulla operazione illecita da autorizzare; anche in generale, nelle cause di giustificazione, la giustificazione è l'effetto, non lo scopo dell'esimente intesa come comparazione di interessi. Quell'accento deve porsi invece sul progetto di intelligence, da attuare per finalità istituzionali di salvaguardia di interessi costituzionali prevalenti; nonché sui suoi limiti e mezzi di realizzazione, fra cui l'eventuale ricorso a condotte illecite non altrimenti evitabili ed in termini di proporzionalità con l'interesse perseguito (l'acquisizione dell'informazione; la lesione alle norme in tema di privacy in senso lato).
L'indispensabilità, la stretta funzionalità e la proporzionalità fra le condotte illecite e la raccolta dell'informazione esclusivamente in vista della sicurezza, dovrebbe ragionevolmente porre al riparo dal rischio di strumentalizzazioni, deviazioni e abusi. Sarebbero ovviamente escluse dalla portata dell'esimente le condotte delittuose, che non attengano strettamente e funzionalmente alla raccolta delle informazioni nei termini dianzi esposti; o che comportino la lesione di beni e interessi non espressamente riconducibili a quelli esplicitamente e tassativamente previsti nell'ambito dell'esimente e della sua riferibilità alla privacy in senso lato.

8. L'individuazione del contenuto concreto dell'esimente della garanzia funzionale - anche per assicurare il rispetto delle esigenze di tassatività e tipicizzazione connesse alla riserva di legge - deve muovere dalla esatta individuazione dei fini propri ed esclusivi dell'attività di intelligence. Tutto il discorso della comparazione degli interessi può infatti fondarsi esclusivamente sul rigoroso rispetto delle finalità istituzionali dell'intelligence; ed è questo, fra l'altro, uno degli obiettivi del progetto di riforma governativo e dei precedenti lavori della Commissione istituita ad hoc.
In correlazione a ciò, occorre delimitare con precisione l'ambito dell'attività di intelligence, rispetto all'attività di investigazione che è tipica della polizia di prevenzione e di quella giudiziaria, e che è sottoposta ad altre forme di disciplina e regolata da diversi rapporti con l'Autorità giudiziaria. E' evidente come l'attività di intelligence non potrà mai surrogarsi a tali attività o infiltrarsi nell'ambito di esse: ferma restando la necessità di assicurare rapporti trasparenti e documentati di informazione e di collaborazione fra i diversi organismi, quante volte l'informazione di competenza dell'intelligence possa interferire su tematiche di sicurezza pubblica e di prevenzione, appartenenti alla competenza degli organismi di polizia.
Inoltre, occorre definire l'ambito, la competenza, la finalità e la procedura degli specifici progetti di intelligence, nello sviluppo ed attuazione dei quali possa venire in considerazione la necessità dell'esimente, individuando rispettivamente nel vertice politico ed in quello amministrativo-operativo il concorso e la sinergia delle responsabilità per la relativa autorizzazione. Quest'ultima, in quanto autorizzazione alla violazione della legge penale, non può che risalire al vertice dell'autorità politica (o a chi da esso delegato).
L'esimente, per parte sua, dev'essere tipicizzata in termini di proporzionalità fra i beni e gli interessi in gioco, e deve essere caratterizzata: dalla impossibilità di perseguire il risultato in modo diverso da quello che richiede appunto la violazione delle norme lato sensu di privacy; dalla indispensabilità delle condotte in questione; dall'adeguamento di esse al fine istituzionale e prefissato che si deve specificamente raggiungere.
La previsione di sanzioni efficaci e incisive, correlate proprio alla previsione dell'esimente ed agli abusi in quest'ambito (sia nella preordinazione del progetto, che nella sua esecuzione e nell'utilizzazione dei suoi risultati); nonché la documentazione rigorosa dell'attività, da conservare, con specifiche modalità di garanzia della segretezza e del controllo: dovrebbero ragionevolmente prevenire il pericolo di deviazioni ed abusi.
Infine e soprattutto, occorre pervenire a una definizione precisa non tanto e non solo delle condotte illecite autorizzabili, quanto dei beni comunque non aggredibili (come la vita, la libertà personale, l'integrità fisica, la salute e l'incolumità pubbliche, secondo l'elencazione proposta dal disegno di legge governativo e precedentemente dalla Commissione istituita per la riforma).

9. Sul piano procedimentale desta molteplici perplessità l'ipotesi - avanzata anche da talune proposte di riforma in sede parlamentare - di rimettere in via preventiva all'Autorità giudiziaria (sia pure ad organismi ad hoc, come ad esempio il Procuratore generale della Cassazione), la valutazione della configurabilità dell'esimente e quindi, in ultima analisi, una sorta di autorizzazione al progetto di intelligence.
In primo luogo v'è il rischio, con ciò, di introdurre una confusione fra il momento autorizzativo e il momento del controllo, nonché fra l'attività giurisdizionale e quella politico-amministrativa, in netto contrasto con le indicazioni univoche proposte al riguardo (supra, par. 4) dalla Corte Costituzionale. E ciò viepiù in quanto non si tratta di un'autorizzazione tout court a commettere reati, ma dell'autorizzazione ad un progetto di intelligence nel cui contesto può verificarsi la possibilità-necessità di dover ricorrere, in caso di indispensabilità, alle condotte vietate.
In secondo luogo, il ricorso all'autorizzazione preventiva di un organo dell'Autorità giudiziaria rischia di collidere con i principi dell'autonomia e indipendenza del giudice e dell'obbligatorietà dell'esercizio dell'azione penale, in un contesto di potere giudiziario diffuso nel quale singole autorità giudiziarie competenti per territorio potrebbero disattendere quell' "autorizzazione giurisdizionale" preventiva a monte.
Demandare l'autorizzazione su cui si fonda l'esimente (come è inevitabile; e come è d'altronde conforme ai parametri posti dalla Corte Costituzionale, con l'individuazione del vertice dell'autorità politica come preposto alla sicurezza nazionale e al modo di tutela di essa) ad un'autorità diversa da quella giudiziaria, può sollevare l'obiezione di un rischio di incostituzionalità, di fronte alla riserva di giurisdizione esplicita negli articoli 14 e 15 della Costituzione insieme alla riserva di legge. E' però agevole replicare che, nella specie, non si tratta semplicemente di consentire per legge la possibilità che l'autorità politica autorizzi un'intrusione nella sfera privata, senza l'intervento dell'Autorità giudiziaria; ma di ipotizzare appunto una causa di giustificazione - in vista del bilanciamento con il prevalente interesse costituzionale alla sicurezza dello Stato - per un fatto, il cui disvalore tipico di reato consiste fra l'altro, e proprio, nel mancato rispetto della riserva di giurisdizione.
Un ultimo rilievo concerne la valutazione sulla sussistenza dell'esimente: se da allegarsi e confermarsi a cura dell'autorità di vertice della sicurezza, su interpello dell'Autorità giudiziaria, e previo parere di un Comitato di garanti (così come previsto dalla Commissione di riforma, nel progetto da esso elaborato); o se prevedere comunque una sorta di delibazione dell'Autorità giudiziaria, con la possibilità di opporre il segreto di Stato in caso di dissenso di essa (così come in certo qual modo previsto dal disegno di legge governativo). Proprio alla luce delle recenti esperienze di contrasto e di conflitto di attribuzione fra l'Autorità giudiziaria e il vertice politico, e del rischio di commistione fra il momento procedimentale del segreto e quello sostanziale della garanzia funzionale, sembra più lineare ed agevole la prima ipotesi, che vincola l'Autorità giudiziaria a prendere atto della causa di giustificazione, quando essa - previa sua allegazione da parte dell'autorità tecnica del servizio - sia poi confermata dall'autorità di vertice politica. Resta salva, ovviamente, per l'Autorità giudiziaria la possibilità di ricorrere al conflitto di attribuzione innanzi alla Corte Costituzionale, per la tutela delle proprie prerogative in caso di dissenso.

10. Concludendo, è dunque possibile affrontare con interventi normativi anche coraggiosi il tema delicatissimo delle garanzie funzionali degli operatori dei Servizi di informazione; sarebbe però grave leggerezza procedere al loro innesto nell'attuale sistema al di fuori della ridefinizione generale dei compiti, dell'ordinamento e del sistema di controlli necessario. Su tali punti vale perciò la pena di tornare ora e da ultimo, nuovamente, a rischio di qualche ripetizione.
Il passaggio dalla prospettiva processuale (nella quale la tutela dell'attività istituzionale dei Servizi è assicurata dalla imposizione di limiti all'acquisizione della prova), a quella sostanziale (nella quale la corrispondenza tra le condotte tenute e la tutela di interessi fondanti delle istituzioni è fonte di esclusione in radice della loro illiceità), non deve in nessun modo essere interpretato o interpretabile come la creazione di una zona franca all'interno della quale, in nome della "sicurezza nazionale", l'ordinamento rinuncia al fondamentale compito di fissare i confini tra lecito e illecito o, ancora peggio, lascia che tale confine sia segnato da una delle parti.
La insuperabile difficoltà di dare del concetto di "sicurezza nazionale" una definizione priva di un qualche margine di indeterminatezza e la connaturata inerenza dell'attività Servizi di informazione nell'area sacra degli arcana imperi, determinano in molti un atteggiamento di eccessiva diffidenza, ma segnalano tuttavia la necessità di collocare le garanzie funzionali in un quadro di riferimento chiaro e all'interno di un sistema di assunzione di responsabilità e di controlli che garantiscano da possibili sconfinamenti.
Deve essere prima di tutto evitata ogni suggestiva confusione tra il concetto di sicurezza nazionale e la nozione corrente di ragion di Stato.
Mentre sulla ragion di Stato si è storicamente fondata la giustificazione di atti sostanzialmente e spesso formalmente arbitrari, diretti a tutelare lo Stato in senso astratto e finalizzati alla perpetuazione degli assetti esistenti, deve essere chiaro che oggetto di tutela, in un ordinamento democratico, non è mai lo Stato in sé, ma sono le istituzioni poste a presidio dei valori costituzionali.
Sotto tale profilo si deve positivamente segnalare come nel disegno di legge presentato dal Governo, nel definire i compiti delle due agenzie, si faccia riferimento: da una parte alla "difesa dell'indipendenza e dell'integrità dello Stato da ogni pericolo, minaccia e aggressione provenienti dall'esterno" per l'una; e dall'altra parte alla "difesa della Repubblica e delle istituzioni da ogni pericolo, minaccia e aggressione e da ogni forma di eversione proveniente dall'interno del territorio nazionale", ove il riferimento allo Stato in sé è associato al solo valore territoriale. Così pure si deve segnalare come lo sforzo di definizione degli ambiti di attività dei Servizi si spinga assai oltre le indicazioni generiche della legge del 1977, giungendo a un soddisfacente grado di determinatezza. Il riconoscimento di garanzie funzionali per gli operatori dei Servizi non è quindi, di per sé, una abdicazione dello stato di diritto di fronte alla ragione di Stato.
Non solo, infatti, è possibile ancorare in senso dinamico e positivo i compiti dei Servizi di informazione alla affermazione dei valori costituzionali; ma è doveroso anche individuare con chiarezza i fini nella salvaguardia delle istituzioni rispetto a specifiche e precise minacce.
Anche l'oggetto dell'attività deve essere quanto più possibile definito con riferimento esclusivo al profilo informativo del suo contenuto. In questo senso, il passaggio dalla definizione dei "Servizi segreti" come "Servizi di informazione e sicurezza" a quello di "Sistema informativo per la sicurezza" marca un mutamento di prospettiva di non poco momento, escludendo che ai "Servizi" possa essere riservata qualunque attività, purché di contrasto alle minacce individuate come rilevanti per la sicurezza.
Il quadro di riferimento generale in cui si colloca l'attività dei Servizi segreti appare così radicalmente ridisegnato. Sicché, a margine di tale sommaria ricostruzione, non è fuor di luogo mettere in evidenza come gli stessi operatori dei Servizi non dovrebbero guardare con diffidenza l'inserimento nella legge anche di norme incriminatrici particolarmente esplicite e rigorose, tese a colpire quelle che in passato sono state talvolta sinteticamente indicate come "attività deviate". L'inserimento di una ipotesi specifica in tal senso (e non solo quella, presente nel disegno governativo, della precostituzione dolosa delle condizioni per il rilascio dell'autorizzazione) è soprattutto destinata a colpire per il futuro condotte il cui disvalore è individuabile con la maggiore chiarezza derivante dalla più esatta definizione positiva dei compiti istituzionali; ed è perciò tale da non impensierire chi si dedichi al proprio lavoro con quel leale spirito di servizio, che non deve essere mai da alcuno pregiudizialmente messo in discussione.

11. Tornando al tema delle garanzie funzionali, si può dire che all'interno di un territorio i cui confini sono così segnati con la maggior nettezza che la sua stessa natura consente, occorre che l'eccezionalità del ricorso a condotte alle quali è possibile applicare l'esimente speciale sia garantita dal rigore delle procedure previste per l'autorizzazione delle attività e dalla possibilità di controllo su di esse. Ovviamente, questo ultimo dovrà essere realizzato nei tempi e nelle forme che salvaguardino la intrinseca necessità di riservatezza, almeno fino a quando l'attività è in corso o la sua conoscenza possa essere lesiva degli stessi interessi per la quale è stata legittimamente posta in essere.
Occorre in altri termini che il sistema dei controlli e delle procedure sia pensato in sè e non esclusivamente in relazione alla opposizione in sede processuale della causa di giustificazione.
La previsione di un'esimente speciale a tutela delle garanzie funzionali, incide infatti sulla illiceità intrinseca della condotta, ma la sua rilevanza processuale costituisce una clausola di salvaguardia cui ricorrere solo nell'eventualità, ipotetica e tendenzialmente eccezionale, in cui la condotta diventi oggetto di accertamento giudiziario: quando, perciò, vi sia stato un qualche "incidente di percorso" nel corso del compimento dell'attività.
La certezza della legittimità del comportamento deve invece essere assicurata a prescindere ed indipendentemente dal fatto che su di esso debba intervenire una verifica in sede giurisdizionale.
Già in precedenza (par. 7) è stata richiamata la inscindibile correlazione tra segreto ed intelligence. Da tale inscindibile correlazione discende una tendenziale incompatibilità tra intelligence e strumento giurisdizionale come strumento ordinario di controllo di quell'attività, essendo la giurisdizione, per sua intrinseca natura, inscindibile invece dall'opposto principio della pubblicità e della accessibilità.
Proprio per tale ragione nello stesso paragrafo si è sottolineata l'importanza della collocazione dell'attività "scriminata" in una operazione di intelligence previamente deliberata. Se infatti il sacrificio di posizioni individuali di rilevanza costituzionale (già sinteticamente individuate come violazione della privacy in senso lato) si legittima solo in ragione della tutela di un interesse parimenti di rango costituzionale, tale giudizio di comparazione deve essere fatto in via preventiva e tra situazioni di pari grado di concretezza. In caso contrario si correrebbe inevitabilmente il rischio di giustificare - con il richiamo alle esigenze della sicurezza nazionale, magari a posteriori - tutte le attività invasive della sfera individuale non palesemente illegittime, cioè non evidentemente dirette al perseguimento di fini estranei alla sicurezza nazionale: introducendo nel sistema una sorta di impunità "per ragioni di servizio" certamente non accettabile.
Occorre invece che il giudizio di proporzionalità sia fatto in via preventiva e che i parametri su cui deve fondarsi - che sono quelli della indispensabilità, della adeguatezza e della impossibilità di perseguire diversamente il medesimo risultato - siano verificabili e valutati con riferimento al caso concreto. In caso contrario la "tenuta costituzionale" della scriminante, che, per le ragioni già illustrate non è affatto esclusa dalla riserva di giurisdizione in tema, ad esempio, di perquisizioni e intercettazioni (sempre al par. 7), potrebbe andare incontro a insormontabili obiezioni. Tanto è centrale tale concetto, che appare particolarmente opportuno mantenere l'enunciazione esplicita che gli aveva riservato la proposta della Commissione governativa di riforma.
Dalla natura del giudizio di proporzionalità discende pure la necessità che esso sia rimesso al massimo vertice di responsabilità politica. Qui non si tratta di bilanciare il sacrificio dell'interesse di un singolo e l'efficienza di un Servizio (del quale potrebbe ben essere arbitro il suo massimo responsabile amministrativo); ma di mettere a confronto situazioni individuali rispetto a una valutazione di sintesi dell'interesse primario delle istituzioni. Una simile valutazione deve risalire ad un centro di imputazione che della tutela di tale interesse sia istituzionalmente e politicamente responsabile, e tale autorità deve essere l'autorità di governo.
Per la stessa ragione è indispensabile che il meccanismo di conferma processuale dell'esistenza delle condizioni per l'applicazione dell'esimente faccia capo al Presidente del Consiglio dei ministri, anche se tale prospettiva viene accettata più facilmente come ovvia, probabilmente perché richiama la ormai consolidata parallela procedura di opposizione del segreto di Stato.

12. Ultimo, ma non meno importante caposaldo del sistema di garanzie che devono presidiare il meccanismo di rilascio dell'autorizzazione all'attività, indipendentemente dalla eventuale opposizione dell'esistenza della causa di giustificazione, è quello della documentazione e conservazione sia degli atti di autorizzazione che di quelli relativi al compimento delle attività.
Anche in questo caso occorre non lasciarsi suggestionare da luoghi comuni sulla inconciliabilità tra segreto e trasparenza, che in qualche modo rinvia all'analogo quanto improprio parallelo sopra richiamato della inconciliabilità tra rispetto delle regole e ragion di Stato.
La documentazione della procedura di autorizzazione e del compimento delle attività svolge in tal modo anzitutto una funzione di tutela degli operatori dei Servizi, che al rischio del loro compimento si espongono e che dovrebbero essere i primi a reclamarne la completezza e la conservazione. Nel contempo, essa consente i controlli indispensabili e non collidenti con le esigenze di riservatezza dell'attività di intelligence: un controllo interno alle stesse strutture, le cui forme devono essere valutate e messe a punto; il controllo da parte del Comitato parlamentare, quanto meno con riferimento al numero e alle linee generali delle operazioni deliberate; il controllo eventuale del rispetto dei compiti istituzionali, in caso di conflitto di attribuzione avanti alla Corte Costituzionale (conflitto che costituisce lo sbocco naturale dell'eventuale contrasto tra Autorità giudiziaria e Presidenza del Consiglio sulla sussistenza della causa di giustificazione); infine il controllo, indiretto ma formidabile, derivante dalla applicazione anche a tale documentazione delle regole sulla temporaneità del segreto, sia pure assoggettato a tutte le cautele necessarie per evitare indesiderabili contraccolpi.


(*) Conferenza tenuta il giorno 25 novembre 1999 nel corso del Seminario di Roma sulle "Garanzie funzionali per gli operatori degli organismi di intelligence".

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